Eugenio Garimberti, giovane fashion stylist originario della provincia di Mantova ci racconterà il suo punto di vista sulla moda dagli anni 2000 fino alle più recenti collaborazioni tra fashion brand del lusso.

Il suo primo incontro con la moda è con l’Accademia di Verona “MOODART Fashion School” per formarsi in Fashion Styling dove svolge esperienze e workshop con grandi brand della Milano Fashion Week come Luisa Beccaria, MSGM, Cristiano Burani, Alberta Ferretti ed Emporio Armani; continua la sua formazione affiancando lo stylist Leonardo Caligiuri per campagne e-commerce, Nara camicie ed un editoriale per Ninumerò Russia. Attualmente lavora per un brand emergente di moda sostenibile mantovano: “Pommes De Claire” e come booker per l’agenzia di moda “Looksonweb Model Management” di Brescia oltre che essere stylist freelance.
Ci racconta la moda dagli anni 2000 essendo la sua generazione: innanzitutto si denota un forte sbalzo tra il primo ed il secondo decennio con l’arrivo del polithically correct; le sub-culture giovanili influenzano i più grandi stilisti e ci parlano dei cambiamenti che stanno avvenendo, sempre più di frequente, nel mondo della moda.
La maggior linea di demarcazione avviene quando nel 2006 Valentino smette di essere CEO e DESIGNER dell’omonimo brand, da ivi si arriva ai giorni nostri passando attraverso un decennio che ci porta per mano sempre più verso la moda genderless, la quale viene tanto proposta da Gucci che ad oggi ha raggiunto incredibili vette: PLAYBOY con il suo tipico completo da coniglietta sceglie in controtendenza un uomo come testimonial per la sua ultima campagna. Sicuramente in questo caso è un segno positivo volto al tema del fashion inclusion e del genderless, ma d’altra parte, in alcuni casi, crea quasi un’ossessionata ricerca della figura androgina diventando Too Much.

Allo stesso tempo si sono fatte notare le ultime famosissime collaborazioni tra fashion designers: la più clamorosa “Fendace” all’ultima Fashion Week di Milano, per quanto balzi all’occhio dal punto di vista estetico con la medusa di Versace applicata sul monogram di Fendi e viceversa; dall’altra parte è un segno del difficile momento che stiamo attraversando oggi. Se le maison di luxury di questo calibro hanno bisogno di sviluppare questo tipo di invettive, per quanto ad effetto “wow” a livello di sperimentazione, ed anche interessante dal punto di vista del voler creare solidarietà tra maison rispetto al passato, vi è un aspetto negativo: l’assenza di idee volendo puntare sulla logomania di due brand uniti insieme, rappresentando purtroppo la situazione economica globale.

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